
Mi ha colpito, in questi giorni, una frase del vecovo di Pinerolo Derio Olivero: “Fermiamoci ogni tanto per dare parola alle cose, agli eventi, agli affetti. Fermarsi, fare silenzio, leggere, confrontarsi, pregare, sono atti rivoluzionari per riprendere in mano la nostra vita.”
Il mese di dicembre, con le festività, ci porta a riconoscere che il “fermarsi” sia una giusta esigenza per fare il punto nella quotidianità e ritrovare l’importanza di ciò che ci sta intorno. Poi la frenesia della vita ci riporta nel turbine delle cose e del sostare anche per un attimo ce ne dimentichiamo. Eppure é proprio quel momento in cui ci si arresta che, spesso, ci porta a scelte importanti che danno alla nostra vita un senso, un cambiamento, una svolta, un uscire per andare verso nuovi orizzonti.
Certo fermarsi sembra non essere il verbo più adatto alla persona che stasera andremo a premiare. Lui non si é fermato mai, né da bambino sempre alla ricerca di nuovi spazi nella natura, né da adolescente alla ricerca di un sé in cui riconoscersi, né da adulto nel non accontentarsi di un obiettivo raggiunto per perseguirne altri. Non si è fermato nemmeno nel nostro paese, dal quale è uscito per andare in tutta Italia ed anche fuori dall’Italia portando un po’ di sé ma anche un po’ di noi al mondo. Ed ora lo ritroviamo teologo, dottore della Biblioteca Ambrosiana, ma sempre attento come da bambino a cogliere nelle cose, negli eventi, nello studio un continuo stimolo per continuare.
Per dirla come la direbbe Rodari “… di imparare non si finisce mai, e quel che non si sa é sempre più importante di quel che si sa già…” Ed ora nella Biblioteca Ambrosiana, da anni segue numerosi progetti di ricerca, di studio, di organizzazione di eventi, di informazione, per far conoscere a tutti quanto grande sia il patrimonio che l’Italia, con le sue opere artistiche e letterarie, può offrire a tutti noi. Basta fermarsi un attimo e trovare il tempo per guardare e aprire cuore e mente al bello. Ecco che torna quel verbo che sembrava stonare col dinamismo della persona, ma che invece ben si adatta a lui, sì perché Mons. Buzzi ha trovato e trova il tempo per la sua vita pastorale, per i contatti con la famiglia, per ritrovare la sua comunità d’origine e questa sera ha trovato il modo di fermarsi un po’ con noi e noi lo ringraziamo per aver saputo dar voce alle cose, agli eventi, agli affetti, alla fede, all’arte, alla comunicazione, alla cultura con la C maiuscola. TESSITORE 2022: Mons. FRANCO BUZZI !

Vivere la vita è come tessere. Tutti lavoriamo allo stesso filato, ma ciascuno di noi tesse una tela diversa e ne definisce lo svolgersi.
La persona a cui assegneremo il “Tessitore” 2021 ha saputo creare il proprio tessuto non solo tracciando la trama e l’ordito, ma ampliando i propri orizzonti .
Sapere tessere la tela della quotidianità, saper tessere i rapporti con le persone, saper tessere la collaborazione con le associazioni, saper essere l’uomo dell’azione, saper essere un punto di riferimento per tanti richiede disponibilità, impegno, desiderio di mettere le proprie capacità a disposizione degli altri.
Così si è snodata la sua vita nella semplicità delle scelte: la famiglia, il lavoro, l’intrecciarsi di amicizie vere nella condivisione di interessi comuni, l’impegno per tanti anni nel sociale.
Volontario a 360 gradi, ha prestato servizio nella Croce Rossa, ha risposto in prima persona alla chiamata della Protezione Civile per prestare assistenza in varie occasioni alle persone colpite dal terremoto, si è sempre ritenuto orgoglioso di essere un Fante e di far parte dell’associazione.
Ha vissuto l’esperienza di “Nonno Vigile” e si è dedicato con entusiasmo e passione alla Pro Loco, che ha sostenuto, vissuto intensamente fornendo idee nuove per annodare un discorso fatto di novità e tradizioni.
Tessere… Questo è il verbo che riassume meglio degli altri l’azione di Pietro Vella che durante il suo percorso di vita ha intrecciato le diverse personalità dei suoi collaboratori e dei tanti volontari che ha coinvolto.
Premio “Tessitore” 2021 ad un grande uomo dal cuore grande, Pietro Vella.

Il verbo “tessere” è un verbo molto dinamico. Parte da un lavoro nascosto di filatura e si conclude con un tessuto nuovo, compatto, dove i fili non si distinguono più. Il filo va prima preparato, nella paziente filatura del cotone, della seta, della lana, sciogliendo i nodi che la materia prima grezza porta con se.
I nodi sono il primo ostacolo per la tessitura perchè impediscono lo scorrere del filo ma, per chi ne sa di questo mestiere, i nodi sono anche importanti per saldare i fili tra loro e l’abilità delle mani sta proprio nel fare nodi invisibili e forti. La tessitura è un arte che richiede intuizione, creatività e contemplazione. Ma è un lavoro che non si fa da soli o si fa perchè si è migliori di altri: si fa INSIEME.
La nostra comunità cittadina ha saputo tessere insieme la fraternità lasciando scorrere tra le mani la vita degli altri. Ha saputo creare un tessuto fatto di ascolto, di servizio, di cure, di sacrificio che ha dato senso e sollievo alla vita di molte persone. Nel silenzio assoluto di quei giorni il paese era percorso da un invisibile eppure efficentissimo movimento di solidarietà.
In prima linea la Croce Rossa, i medici , gli infermieri, i farmacisti sempre disponibili e attenti, poi, ma non secondi, tutti coloro che sono stati attivi nel sociale e nell’assistenza materiale e spirituale… sindaco, assessori, parroco, protezione civile, polizia locale, insegnanti alle prese con nuove modalità di comunicazione, responsabili dei negozi di alimentari pronti a servire a domicilio soprattutto chi fosse impossibilitato a muoversi, numerosi volontari appartenenti ad associazioni o gruppi che si sono adoperati per le persone più fragili o in difficoltà, tutto il mondo industriale produttivo che gradualmente ha avviato le macchine, semplici cittadini che hanno voluto rendersi utili.
I nostri concittadini durante la pandemia Covid 19 hanno dato vita ad un tessuto sociale nuovo, capace di avvolgere con dolcezza le ferite e le sofferenze di tutti, di soffocare il fuoco dell’indifferenza , di raccogliere i semi del bene e di distribuirli nel terreno delle famiglie, delle istituzioni, delle associazioni, guardando anche al futuro non facile: un futuro che abbia al centro una società non frammentaria.
E allora quest’anno 2020 vede la benemerenza “il Tessitore” assegnata all’intera cittadina di Lurate Caccivio che con un comportamento responsabile, passo dopo passo, tassello dopo tassello, ha reso possibile affrontare una situazione nuova e particolare a causa del coronavirus.
Un grande applauso alla Cittadinanza di Lurate Caccivio.

Il momento dell’assegnazione del ” Tessitore” è arrivato e, come ogni anno, ci aspettiamo di identificare chi lo riceverà come una persona che nella sua vita è stata in grado di costruire un ponte verso gli altri.
Da sempre un ponte colpisce la fantasia dell’uomo, è un ponte colorato che unisce il cielo e la terra, l’infinito col finito, l’arcobaleno.
Narra una leggenda che l’arcobaleno sia nato, grazie alla pioggia, dopo un grande litigio dei colori che mettevano in evidenza le loro specificità.
Ebbene, sembra che il nostro “Tessitore 2019” abbia saputo costruire il suo andare verso gli altri, riunendo in sé le qualità di questi colori.
Dal verde, segno di vita e di speranza, ha preso il segreto di accompagnare e
sostenere tante vite grandi e piccole, nei momenti di difficoltà, sia in paese, sia altrove.
Dal blu, segno di spazi grandi, di pace, di serenità, ha imparato a donare nuovi spazi concretamente realizzati ed utili per la comunità, ma anche spazi del cuore, donati a molti per superare momenti di dolore con la serenità del sostegno umano e col colore della solidarietà, così rappresentato dal giallo.
Dall’arancione, segno di salute e di forza, ha preso quella tutta la forza che è servita in tanti anni a mandare avanti ogni iniziativa sostenuta fìn da giovane per aiutare gli altri, il paese, la comunità.
Dal porpora, segno di autorità e saggezza, ha preso le due cose, perché, quando ci si assume una responsabilità occorre sapersi far ascoltare e, nel contempo, saper portare equilibrio nelle scelte, come insegna l’indaco, segno del silenzio, del pensiero, della riflessione.
Infine dal rosso, colore del pericolo e del valore, ha ricavato la capacità di lottare per una causa.
Nel corso della sua lunga vita, andando verso gli altri, su ponti man mano gettati con fatica, anche fisica, con abilità anche manuale, con l’entusiasmo e la caparbietà di arrivare allo scopo, ha saputo coinvolgere anche altre persone.
E, volendo stare nel piano delle leggende, se sappiamo arrivare in fondo
all’arcobaleno, troveremo una pentola piena di monete d’oro, custodita da .. un marito, un padre, un nonno, un volontario, un uomo che ha amato ed ama soprattutto quel particolare rosso che colora una piccola croce, un uomo che vi mostrerà che quella pentola non contiene monete, ma è piena di scelte, sacrifici, interventi, corse in auto e autoambulanze, viaggi per portare solidarietà, aiuti, pensieri sognati e sogni realizzati, incontri con i grandi, con i piccoli, con i disperati, tante idee, scintille che hanno acceso iniziative .. .
Ed ora dedichiamo a lui il verso di una canzone poco conosciuta:
La vita è uguale per tutti quanti / ma solo chi la sa donare / trova qualcosa / qualcosa che vale …
E lei l’ha trovato, signor Piero Rusconi ed ha aiutato molti a trovare quel qualcosa che vale nella vita. Grazie per aver costruito tanti ponti, per aver aiutato, per aver compreso i bisogni di una comunità, per aver dato speranze, per aver sostenuto fragilità, per aver coinvolto tanti, per aver trasformato sogni in realtà, per aver caparbiamente creduto che si può, se si vuole.

Ricordate la bella filastrocca di Gianni Rodari cantata da Sergio Endrigo: ” Ci vuole un fiore”?
Qualcuno sicuramente sì, altri no, comunque per tutti ricorderò l’inizio: “… le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare …”
Ecco questa sera poniamo l’accento sulle cose di ogni giorno, la quotidianità insomma e su questi due fondamentali verbi. Guardare ed ascoltare.
La quotidianità in una comunità come la nostra che spesso, per fortuna, si impegna nel sociale ha più o meno il funzionamento di una orchestra della quale si apprezza (‘esecuzione se ogni elemento che la compone, anche il più piccolo – l’ottavino di turno, per capirci – esegue correttamente la sua parte se pur piccola e se venisse a mancare quella piccola parte l’intero pezzo sarebbe meno gradevole.
Ma una buona esecuzione si apprezza anche perché intorno ad una orchestra si muovono elementi che sfuggono spesso alla nostra attenzione presa dalla melodia, dal direttore, dal primo violino … prima che l’orchestra si presenti a noi qualcuno ha riordinato la buca, ha preparato i leggii, ha disposto le luci, l’impianto audio e via così.
Qualcuno che non vediamo, a cui non pensiamo quando scoppia l’applauso, qualcuno che troppo spesso passa solo coi titoli di coda.
Anche da noi tutto ciò che si fa per la comunità tutta viene apprezzato per quanto si vede, è palese, ma spesso non si pensa sufficientemente a quanto sta dietro o a chi sta dietro a tutto quanto.
Ci sono persone che sempre in quanto si fa non si limitano a vedere solo con gli occhi e a sentire solo con le orecchie, ma ci mettono le mani per fare, la professionalità per organizzare tutto al meglio, la disponibilità per raggiungere il risultato ed anche, se serve, la presenza in momenti di convivialità perché anche scegliere di passare una serata a tavola in una cena solidale piuttosto che in pizzeria fa la differenza …
È bello sapere che tali persone esistono ed una di loro è qui con noi e noi la vogliamo premiare per la semplicità con cui sempre contribuisce a far sì che la nostra comunità cresca nel lavorare per il bene comune.
E credetemi, quando si organizza qualcosa, qualsiasi cosa e si ha bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, succede sempre così: ti volti per un attimo e lui è già lì.
Invitiamo a raggiungerci Franco Arrighi Accogliamolo col nostro applauso ed il nostro grazie.

E ancora una volta S Ambrogio ci proietta in un clima di festa, di attesa, di ricordi. Sì, perché la festività di S. Ambrogio di fatto ci conduce verso il periodo natalizio, ci fa sentire il profumo della festa condivisa e muove dentro noi adulti la tenerezza dei ricordi: il Natale di tanto tempo fa, una festa da vivere insieme, in semplicità.
Di questa festa facevano parte le celebrazioni, il pranzo, e, perché no? Anche i giochi.
Qualcuno ricorderà sicuramente le serate trascorse giocando a Tombola: le vecchie cartelle, il tabellone, il sacchetto con i numeri, e tanto divertimento se chi teneva il tabellone era abile nel presentare i numeri … immaginate per un momento di avere in mano una di quelle cartelle e di ascoltare il banditore … per ogni numero il suo significato, 3 … la gatta … 12 … i soldati… 25 … il Natale … 40 … la noia…, ma ogni paese aveva i suoi detti, le sue rime, le sue battute.
Avete memorizzato sulla vostra cartella immaginaria questi numeri?
3, 12, 25, 40 se sì, ora abbinateli ad altrettante parole magiche: disponibilità, capacità di ascolto, aiuto, perché questa non è una cartella qualunque, qui non si contano ambi e cinquine, qui si conta l’umanità, la capacità di vedere nell’altro, in chi ha bisogno, prima la persona, poi ciò che le potrebbe essere d’aiuto in quel momento.
Questa è una cartella che non elargisce regali, ma consigli, un sorriso, un vediamo come si può fare ” ed anche soddisfare quei bisogni materiali indispensabili: cibo e vestiti.
Eh, sì, qui si danno numeri importanti: 3 giorni di apertura del Centro Caritas; 12 come
i mesi dell’anno che vedono impegnati i tanti volontari, 40 come le persone aiutate quasi ogni mese e tanti gli anni di presenza e di impegno nell’ascoltare persone, comprendere, aiutare, accompagnare coloro che si trovano in difficoltà, si ecco i numeri della nostra Caritas che quest’anno, in questa importante ricorrenza, si presenta alla popolazione nella sua sede nuova e recentemente inaugurata.
Si può proprio dire che tutti i volontari che danno il loro tempo, il loro impegno, la loro presenza hanno fatto tombola, una tombola specialissima, dove non esiste la paura di donarsi, di dimenticare un po’ se stessi per andare verso gli altri chiunque essi siano, infatti questa tombola non termina col 90 … ma per ora col 94, la splendida età di Alma,
volontaria in Caritas proprio da 25 anni, vere e proprie nozze d’argento
con la solidarietà e la carità vissuta.
Accogliamoli i nostri volontari Caritas con un applauso scrosciante, perché la loro disponibilità la loro grande forza e umanità riempiono il cuore, ci fanno sperare in un mondo migliore, ci fanno capire che essere comunità è guardare dentro sé stessi per farsi vicini agli altri, è prendersi per mano per andare verso gli altri ed è vivere la propria vita come un gratuito e amorevole.
Tessitore 2017: Gruppo Parrocchiale Caritas. Grazie!

Spesso, giunti a questo punto della serata, il momento dedicato alla consegna del “tessitore”, scatta la voglia di essere più profondi nelle nostre riflessioni.
Diventa infatti naturale nel momento in cui si presentano persone e/o associazioni attive nel sociale di spostare il pensiero sull’attualità e sulla società in cui viviamo.
Una società che spesso, sembra essere affetta da una sindrome particolare, da un complesso che porta sempre a quantificare tutto: quanto potrei guadagnare facendo questo, quanto si ricaverebbe facendo quest’altro, cosa mi verrebbe in tasca se…
Noi siamo fieri di andare contro corrente e di porre attenzione su due parole che sembrano cadute in disuso: gratuità e gratitudine.
Proprio quest’anno è stata dichiarata santa una persona semplice e grande: M. Teresa di Calcutta, chi meglio di lei incarna questi due concetti?
Allora, proprio attingendo dalla sua saggezza ci permettiamo di usufruire di quanto lei diceva alle sue sorelle, «Vai, vedi e fai».
Va’, guarda, renditi conto della situazione e poi fa ciò che ti è possibile.
Ebbene questa frase “veste” molto bene la persona che premieremo.
Egli nel darsi agli altri non teorizza, è tenace quando comprende che ciò che pensa può diventare aiuto per gli altri, si prodiga così, come gli è possibile, usando le sue mani, le sue capacità e competenza, i mezzi di cui dispone, il suo cuore, sé stesso.
Ma, visto che poco fa abbiamo parlato del quantificare, proviamo a farlo anche noi.
120 e 1 sono i numeri che potrebbero racchiudere la sua vita.
120, infatti, sono le donazioni fatte per l’AVIS, un vero traguardo.
Se ci pensiamo bene per 120 volte egli ha donato per un altro una parte di sé.
E scendendo da 120 in giù, poiché risulta difficile quantificare in numeri precisi il suo operato diremo:
numerosissime sono le sue presenze nella protezione civile,
nell’aiuto alle popolazioni terremotate o a quelle colpite da calamità naturali,
nei campi scuola, nella ricerca di persone sperdute,
nel servizio svolto in paese in molte e svariate occasioni.
Arriviamo dunque al numero 1, beh, non è forse una la penna che ogni alpino,
con fierezza, porta sul cappello?
E lui alpino lo è in toto, accogliamolo con un applauso questo nostro alpino che sicuramente è rimasto nel cuore di tanti e che tanti a lui questa sera diranno: grazie, Franco Arrigo!